Premesso che il codice civile, nelle sue norme in materia di successione ereditaria, stabilisce che alcune categorie di eredi, cosiddetti legittimari, non possono essere diseredati residuando al loro favore il diritto ad una quota di riserva (diversa a seconda delle categorie e del numero di legittimari che concorrono tra loro in ogni successione)sul patrimonio ereditario, è interessante vedere come lo stesso testo normi la tutela di detti soggetti.
Gli eredi legittimari pretermessi infatti, ai sensi del codice civile, possono, una volta intervenuto il decesso del de cuius, agire con una espressa azione processuale, la cd. Azione di riduzione, al fine di ridurre le disposizioni testamentarie e/o legittime che ledono il loro rispettivo diritto ad una quota di riserva; nonché, in caso esse non siano sufficienti, anche le donazioni e le altre attribuzioni a titolo gratuito effettuate dal de cuius in vita.
L’erede legittimario pretermesso quindi può agire nei confronti di tutte le disposizioni successorie o donative poste in essere dal de cuius ma, ai sensi del I comma dell’art. 564 cod.civ., affinchè il legittimario possa domandare la riduzione delle donazioni o dei legati deve preventivamente accettare l’eredità col beneficio d’inventario, a meno che le dette liberalità non abbiano beneficiato soggetti chiamati come coeredi, ancorché rinunzianti.
La norma è molto particolare ed è atta a tutelare quei soggetti, quali legatari e donatari, che, qualora non fossero anche coeredi, non potrebbero avere il “polso” della successione e quindi devono essere tutelati ulteriormente dalla redazione di un inventario che quantifichi ed individui in modo preciso il patrimonio ereditario.
Naturalmente l’articolo in questione ha una portata limitata: riguarda le formalità di accettazione dell’erede legittimario che, pur essendo regolarmente chiamato ad ereditare, riceve una quota del patrimonio ereditario non sufficiente a coprire la sua quota di riserva. Non si applica invece all’erede legittimario completamente escluso dalla successione (magari con un testamento lesivo o perché il patrimonio ereditario è inesistente in quanto è stato integralmente svuotato in vita dal de cuius a mezzo di atti a titolo gratuito) in quanto non essendo tecnicamente un chiamato non può nemmeno accettare l’eredità. In tal senso: Cass. Civ., Sez. II, 16635/13; Cass. Civ., Sez.II, 240/10; Cass.Civ. Sez. II, 11873/1993; Cass.Civ. Sez. II, 3950/92; Tribunale Milano, 20 aprile 2006
Anche in riferimento ai suoi effetti la norma inibisce all’erede chiamato che non ha accettato in forma beneficiata non l’azione di riduzione tout court bensì solo l’azione nei confronti di legatari e donatari (rimanendo quindi esperibile la azione nei confronti degli altri chiamati – coeredi) e solo se essi non siano anche coeredi. Al contrario potrà agire nei loro confronti laddove, oltre ad esser legatari o donatari siano anche coeredi; la loro partecipazione all’eredità infatti rende superfluo l’accorgimento della redazione dell’inventario per la loro tutela.
Secondo la giurisprudenza, peraltro, la accettazione beneficiata da parte del legittimario coerede è considerata una vera e propria condizione di ammissibilità dell’azione di riduzione ed anche dell’azione di simulazione, ogniqualvolta questa fosse funzionale all’esperimento della prima, tendendo a svelare la reale natura giuridica degli atti di disposizione posti in essere in vita dal de cuius, quali vendite dissimulanti donazioni (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 17896/11; Cass. Civ., Sez. II, 4400/11). La preventiva accettazione beneficiata non sarebbe invece indispensabile quando l’azione di simulazione possedesse una propria autonoma valenza, come accade quando si intenda far valere la simulazione assoluta ovvero la nullità dell’atto a cagione della mancanza del formalismo ad substantiam, una volta riconosciuta la reale portata dell’atto.
Infine è bene precisare che una volta intrapresa l’azione, una tardiva accettazione con beneficio di inventario sarebbe ormai inutile in quanto tardiva: in esito al promuovimento dell’azione il legittimario avrebbe infatti tacitamente accettato l’eredità, assumendo la qualità di erede puro e semplice (Cass. Civ., Sez. II, 18068/12).