Premesso che la successione in Italia può avvenire secondo due modalità: testamentaria ogni qual volta il de cuius disponga del proprio patrimonio personale a mezzo testamento; legittima laddove, mancando totalmente o parzialmente il testamento, interviene il codice civile per indicare chiamati all’eredità e quote per cui concorrono in essa; comunque, per il nostro ordinamento, in concorso con esse può aprirsi anche la successione necessaria.
La successione necessaria, da non considerarsi in alcun modo una terza tipologia di successione, è piuttosto un istituto, caratteristico del nostro diritto privato, che garantisce a determinate categorie di eredi, i cd. Legittimari, per lo stretto rapporto di parentela che li lega al de cuius, la riserva su una quota del patrimonio ereditario, e ciò a prescindere dall’eventuale volontà difforme del de cuius stesso.
Il disponente infatti, libero fin tanto che è in vita di disporre dell’intero suo proprio patrimonio personale; prima con donazioni e poi, all’atto della morte con un testamento mortis causa in cui disponga del suo intero patrimonio, una volta divenuto de cuius aprirà la strada alle eventuali contestazioni ereditarie degli eredi legittimari (coniuge, figli ed in assenza di figli gli ascendenti legittimi) eventualmente pretermessi totalmente o parzialmente.
Gli eredi legittimari eventualmente danneggiati dalle decisioni del de cuius potranno, per reintegrare la propria quota di riserva lesa, agire con una specifica azione giudiziale loro riservata: la azione di riduzione, esercitabili a pena di decadenza entro 10 anni dalla apertura della successione (contestuale alla morte del de cuius).
Detta azione, preceduta dalla riunione fittizia dell’attivo ereditario, necessaria per valutare l’effettiva consistenza del patrimonio del de cuius, permette a detto erede di ridurre le disposizioni lesive effettuate dal de cuius. In prima istanza il testamento e poi, se questo non c’e oppure non è sufficiente a reintegrare la quota di riserva lesa, le donazioni effettuate in vita dal de cuius, partendo dalla più recente e risalendo indietro nel tempo fino a coprire la quota prevista.
L’azione di riduzione dunque permette appunto la “revoca” di testamento o donazioni lesive e la restituzione dei beni e diritti ivi indicati all’eredità ed all’erede pretermesso.
Laddove poi dette donazioni non fossero poi più nel possesso del donatario perché trasferite a terzi oppure fossero state nel frattempo gravate da diritti reali minori, il nostro ordinamento prevede una seconda azione a favore del legittimario, esercitabile una volta esperita vittoriosamente lka azione di riduzione a carico del donatario: la cd. Azione di restituzione. Detta ultima azione permette di revocare anche i successivi atti di trasferimento del bene e imporre al terzo la restituzione dell’eventuale bene o diritto acquistato all’eredità.
Unica limitazione alla azione di riduzione: il decorso del ventennio dalla trascrizione della donazione che consolida l’acquisto del diritto in capo al terzo inibendo la azione di restituzione e consolida altresì i pesi e i diritti reali minori imposti sul bene.
In sostanza la azione di riduzione è esercitatile nei confronti di qualunque donazione, anche se molto datata nel tempo; la azione di restituzione nei confronti del terzo invece è esperibile solo nei primi venti anni dalla donazione. Per evitare il decorso di questo termine prescrizionale comunque il futuro erede legittimario può esercitare il suo diritto all’opposizione alla donazione, tramite un atto stragiudiziale con cui notifica appunto la sua contestazione e mantiene, anche oltre i vent’anni, la possibilità di esperire anche la azione di restituzione.