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2 MC Successioni Base 2015 – spunti di approfondimento – adempimenti fiscali e accettazione tacita dell’eredità

Uno dei punti focali su cui si è concentrato il webinar dell’11 febbraio riguarda la distinzione tra atti conservativi e atti che, al contrario, comportano accettazione tacita dell’eredità.

 Innanzi tutto la distinzione tra le due tipologie di attività:

ai sensi dell’art. 460 cc gli atti che non comportano accettazione tacita dell’eredità sono le attività di natura conservativa che può compiere il chiamato all’eredità per mantenere integro il patrimonio nelle more della sua decisione se accettare l’eredità o meno.

In particolare “Il chiamato all’eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione. Egli inoltre può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.”

 Al contrario l’accettazione tacita o per fatti concludenti avviene, ai sensi dell’art. 476 cc, quando lo stesso chiamato all’eredità compie un atto cui l’ordinamento giuridico ricollega l’effetto di consentire al chiamato all’eredità di diventare definitivamente erede, ed in particolare “un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”.

Ciò premesso, spesso nella pratica la difficoltà più grande è riuscire a distinguere (soprattutto quando la valutazione avviene ex post nel corso di una causa giudiziale magari azionata da un creditore del de cuius che contesta la tardività /nullità di una rinuncia in quanto successiva alla già intervenuta accettazione tacita) tra quegli atti che trasformano il chiamato in erede e quelli che lo mantengono nella sua posizione di mero chiamato.

 In linea di principio, come si è detto, il criterio per distinguere le due situazioni è lo stabilire se il chiamato si sia limitato ad atti cd. conservativi e di ordinaria amministrazione dei beni ereditari, ai sensi dall’art. 460 c.c. (in tal caso non si configurerà accettazione tacita e il soggetto rimarrà chiamato all’eredità) ovvero egli abbia travalicato tali limiti, compiendo un atto da vero e proprio erede indi acquistandone il relativo status.

 Nella pratica però come si possono classificare le attività che si trovano al limite tra le due fattispecie e molto spesso vengono poste in essere proprio in prossimità di una successione dagli eredi chiamati?

 Sulla questione aiuta sia la dottrina che la copiosa giurisprudenza di settore.

 Discorso interessante è quello che riguarda, in particolare, l’assolvimento da parte dei chiamati di adempimenti fiscali di vario genere; innanzi tutto la presentazione della dichiarazione di successione e il pagamento della relativa imposta ma anche il pagamento di altre imposte, di Ici e Imu; la voltura catastale etc…

 Sulla dichiarazione di successione e il pagamento delle relative imposte già si è detto in più occasioni. È giurisprudenza costante, oltre ad essere evidente interpretazione della norma scritta sul TU 346/90 che la dichiarazione di successione sia esclusa dal novero degli atti implicanti accettazione di eredità; la presentazione della dichiarazione è infatti un obbligo, tra gli altri, per i chiamati all’eredità che non vi abbiano rinunziato, secondo quanto stabilito dall’art. 28, co. 2, d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, tenuti all’adempimento pur conservando la facoltà di rinunziare od accettare la medesima.

Discorso più complesso per voltura catastale (naturalmente per chi la presenta) e pagamento di altre imposte quale ad esempio Imu o Tasi.

 La legge stabilisce, in riferimento alla voltura catastale, a carico di chi è tenuto alla presentazione della dichiarazione di successione, l’obbligo di presentare domanda di voltura catastale nei trenta giorni dalla registrazione della dichiarazione di successione; è in sostanza un adempimento quasi automatico per non incorrere in sanzione dopo la presentazione della successione.

La Corte di Cassazione però, in alcune sue pronunce (Cassazione civile, 12/04/2002, n. 5226, sez. II Cassazione civile, 07/07/1999 n. 7075, sez. II Cass. civ., sez. II 11-05-2009, n. 10796), ha stabilito come corretto attribuire valenza di accettazione dell’eredità alla richiesta di voltura catastale.

 Naturalmente detta scelta giurisprudenziale, contestata e contraddetta in più sedi, appare poco condivisibile; avrebbe infatti senso solo se la voltura e la sua collegata intestazione catastale avessero alcuna rilevanza di natura civilistica e quindi permettessero il passaggio di proprietà del bene oggetto di voltura stessa. Naturalmente cosi non è nel nostro ordinamento in cui la proprietà si trasmette in capo ai chiamati solo esclusivamente attraverso la accettazione dell’eredità (poi da trascriversi in quanto incidente su bene immobile). Il catasto, infatti, non ha funzione probatoria ma unicamente fiscale: l’intestazione catastale di un bene non è in grado di trasmetterne la proprietà. Gli scopi fiscali del catasto al contrario consistono nel determinare il reddito imponibile dei terreni e dei fabbricati ai fini delle imposte dirette e indirette. Il reddito catastale o il valore catastale costituiscono la base imponibile per l’IRPEF, ICI, IMU, l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali.

 Da qui la considerazione anche della voltura catastale come mero adempimento fiscale di natura conservativa non operante accettazione tacita per chi effettua la denuncia stessa, seppur con tutte le cautele suddette dovute ad una giurisprudenza di settore contraddittoria (da tener presente in caso di contestazione giudiziale).

 Stesso discorso infine per il pagamento di Imu Ici etc… se infatti è vero che l’adempimento fiscale di per sé tendenzialmente viene considerato un atto conservativo per evitare di incorrere in successive sanzioni è altrettanto vero che in una controversia giudiziale l’aver pagato magari per anni una imposta sulla proprietà potrebbe ben facilmente essere utilizzato a riprova di un precedente acquisto del titolo di erede per accettazione tacita. Certo, in tal caso detto comportamento verrà senza dubbio valutato dal Giudice insieme ad altri elementi di fatto e diritto ed al generale comportamento del chiamato-erede.

 Concludo dicendo che gli adempimenti fiscali di principio sono considerati meri atti conservativi ma che se questo concetto è pacifico per dichiarazione di successione e pagamento delle relative imposte, è invece oggetto di pronunce contrastanti in riferimento ad altre situazioni fiscali quali pagamento Imu, opposizioni a cartelle esattoriali etc…

 Da qui la necessità di particolare attenzione per quei chiamati che temono eventuali conseguenze negative dal loro riconoscimento quali eredi del de cuius.

 

 

 


1 commento

  1. Marco D'Olivo ha detto:

    Tutto chiaro ok ma in soldoni se ci si trova di fronte ad un caso del genere ed il chiamato presenta la voltura catastale e paga imu, tasi ecc. non c’è certezza sul fatto che a costui venga poi attribuita l’accettazione tacita o meno, giusto? Quindi nei casi di “pericolo” conviene non presentare nemmeno la denuncia di successione perché poi se a seguito di questa non si presenta voltura catastale nei 30 giorni viene automaticamente comminata la sanzione…

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