I buoni postali e la dichiarazione di successione
Pur essendo un argomento non trattato direttamente nel webinar in oggetto, il trattamento fiscale dei buoni postali e il loro inserimento in successione ha portato i partecipanti del corso a sollevare alcune domande e richieste di chiarimenti; da qui la necessità di approfondire la questione.
I buoni postali, come Bot e tutti gli altri titoli di Stato o garantiti dallo Stato o ad essi equiparati godono di una esenzione dall’imposta di successione.
Ciò significa che il loro passaggio ereditario non sconta imposta e gli stessi, esclusi dall’attivo ereditario fiscale, non devono essere inseriti in dichiarazione di successione.
Succede però che le poste o la banca di riferimento, in caso di mancato inserimento in dichiarazione di detti titoli faccia problemi per la loro assegnazione agli eredi. Questo perché la banca svolge, nei confronti del de cuius, sostituito dai suoi eredi, il ruolo di debitore e, nel momento in cui va ad assolvere la propria prestazione (pagando il saldo dei buoni), deve essere certa di pagare al creditore effettivo o, quantomeno, al creditore apparente, cosi da liberarsi in via definitiva del debito.
Questa apparenza del diritto che individua correttamente il creditore a cui liquidare il debito viene ottenuta o con la presentazione della dichiarazione di successione (cui viene allegato l’atto sostitutivo di notorietà in cui il dichiarante, sotto la propria responsabilità anche penale, individua gli eredi) oppure con la consegna a Poste o banca della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Detta dichiarazione che attesta, sotto la responsabilità, come si è detto, del dichiarante, chi sono gli eredi e per che quote concorrono nel patrimonio ereditario, una volta consegnata all’ente debitore, permette a quest’ultimo di liberarsi dal debito liquidando buoni o titoli. Laddove poi la dichiarazione risultasse mendace la responsabilità della restituzione delle somme illegittimamente ottenute sarà a carico del solo erede dichiarante e non vi saranno conseguenze per la banca (qualora invece questa avesse pagato al non creditore sarebbe tenuta a ripagare la somma per intero rifacendosi poi nei confronti del non creditore).
Ciò detto: alla Banca o Posta basta la dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui il dichiarante attesta il suo status di erede (non può valere un atto notorio in cui il dichiarante si individua come chiamato all’eredità in quanto lo stesso dimostra di non aver assunto lo status di erede e, conseguentemente, di creditore).
Qualora poi la stessa chieda la copia della dichiarazione di successione ritengo si possa agire come segue:
se comunque la dichiarazione va presentata per altri cespiti può essere utile inserire in dichiarazione anche i buoni postali valorizzandoli però, ai fini del calcolo dell’imposta successoria, a zero; se invece la successione è esonerata dalla presentazione della dichiarazione oppure la stessa è gia stata consegnata, può essere opportuno insistere con l’ente debitore per la consegna dell’atto notorio (essendo in realtà quello e non la dichiarazione l’atto che configura l’apparenza del diritto).
Al momento in cui l’erede riceve dall’istituto di credito la “dichiarazione di sussistenza”, ha già prodotto, all’istituto di cui sopra, la dichiarazione sostitutiva. Ergo, l’istituto conosce i soggetti e il loro status. Quindi tenere bloccati crediti non soggetti a tassazione, non è regolare… checché.
La difficoltà deriva dalle diverse filiali sul territorio che non hanno adeguata capacità di affronatre il problema e non hanno informazioni precise. Molte delle volte bisogna portare agli istituti di crdito le informazione e non bastano.
Franco
Stiamo attenti a parlare di “Istituti o Banche o Poste” perché nella vera prassi si ha a che fare con personale di sportello più o meno edotto in materia, infatti (parlo per esperienza) ci si può incappare in pareri diversi rispetto alla medesima situazione, di certo è che in questi casi bisogna proprio fare un distinguo tra situazione fiscale e situazione legale.