Con una serie di sentenze consecutive la Corte di Cassazione (sent. N. 15453, 15455, 15456 e 16701 del 2019) è recentemente intervenuta in materia di tassazione indiretta di trusts e vincoli di destinazione, andando anche in buona parte a contestare l’interpretazione che, negli anni, era stata data dalla Agenzia delle Entrate, in merito alla applicazione dell’imposta di donazione a detta tipologia di trasferimento.
La cassazione infatti ha sostenuto che non solo l’atto di costituzione del trust ma anche l’atto segregativo, non esprimono, di per se stesso, capacità contributiva ex art. 53 Cost., base per la applicazione di una imposta proporzionale che gravi sull’arricchimento patrimoniale ricevuto, nè per il disponente, che semplicemente segrega i suoi beni al perseguimento della finalità indicata nel trust, esclusivamente limitando la regola generale di cui all’art. 2740 c.c., e non ricevendo un arricchimento dall’operazione, né per il trustee, stante il carattere solo formale, transitorio, vincolato e strumentale del suo acquisto.
Il trasferimento definitivo di ricchezza, che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al quale si possono esigere le imposte proporzionali, si verifica solo al momento del trasferimento finale al beneficiario. Quindi, al contrario di quanto stabilito con Circolare della Agenzia 3/2008, nei trust l’imposta proporzionale non andrà anticipata né all’atto istitutivo né a quello di trasferimento al trustee, bensì riferita solo all’atto di trasferimento finale del bene al beneficiario.