DIRITTI DI ABITAZIONE SULLA CASA FAMILIARE IN CASO DI CONIUGE SUPERSTITE SEPARATO
di Barbara Bosso de Cardona -Abilitata alla professione di Notaio
L’art. 540, 2° comma, c.c. prevede che, in caso di decesso di un coniuge, al coniuge superstite spetta, oltre alla quota successoria di legittima, anche il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.
Si tratta di un legato “ex lege”, che viene acquisito automaticamente dal coniuge al momento dell’apertura della successione, anche nel caso in cui questi rinunci all’eredità.
La legge prevede che tali diritti spettano al coniuge superstite se la casa familiare è di proprietà esclusiva del coniuge defunto o in comunione tra questi ed il coniuge superstite, mentre non spettano nel caso, ad esempio, in cui la casa familiare era condotta in locazione o comodato oppure era di proprietà del defunto e di un soggetto terzo diverso dal coniuge superstite.
Si è discusso in dottrina e giurisprudenza se i diritti in oggetto spettano anche al coniuge separato senza addebito.
La questione nasce perché il coniuge separato senza addebito ha per legge gli stessi diritti successori del coniuge non separato però, a seguito della separazione, verrebbe meno il presupposto per la nascita dei diritti ex art. 540 c.c in quanto mancherebbe l’esistenza di una “casa adibita a residenza familiare”.
Un primo orientamento, sostenuto da alcune pronunce della Corte di Cassazione (n. 13407/2014 e n. 15277/2019), ritiene che per casa familiare si deve intendere esclusivamente la casa ove, al momento dell’apertura della successione, vi sia una “residenza comune” tra i coniugi, cosa che non è possibile in caso di separazione (che fa venire meno la coabitazione).
Secondo tale orientamento, quindi, al coniuge separato (anche senza addebito) non spettano i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano.
Recentemente, la Cassazione (con sentenza n. 22566 del 26.7.2023) ha, invece, affermato che il presupposto richiesto dalla legge per l’attribuzione al coniuge superstite dei diritti ex art. 540 c.c. è che, al momento dell’apertura della successione, esista una casa che continui ad avere un collegamento con l’originaria destinazione familiare, anche se in essa non vi abitano più insieme i coniugi.
Secondo quest’ultimo orientamento, dunque, “i diritti di abitazione e uso, accordati al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c. spettano anche al coniuge separato senza addebito, eccettuato il caso in cui, dopo la separazione, la casa sia stata lasciata da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare”.


Certo che i nostri giudici sono degli artisti nel complicare situazioni semplicissime. Coniugi separati, non esiste la casa adibita a residenza familiare perché non esiste più la famiglia. A meno di non intendere la norma come “casa CHE ERA adibita a residenza familiare”. Ma non credo fosse quello il senso della legge.
Il Suo commento è più che valido ma poiché la legge attribuisce al coniuge separato, senza addebito, gli stessi diritti del coniuge “non separato”, spetta quindi il diritto di abitazione al coniuge superstite ameno che la casa non sia stata lasciata “da entrambi i coniugi o abbia comunque perduto ogni collegamento, anche solo parziale o potenziale, con l’originaria destinazione familiare”, cosa che andrà semmai sollevata come eccezione dagli altri eventuali eredi in sede di divisione/assegnazione dei beni.