La Corte di cassazione, sez. II civile, con la pubblicazione della sentenza 20 giugno 2019, n. 16623 dichiara “ammissibile l’esercizio in via diretta dell’azione surrogatoria, prevista dall’art. 2900 c.c., nella proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tutto inerti”.
Ciò significa che se l’erede legittimario viene pretermesso e, avendo a sua volta dei debiti, decide di non agire con la azione di riduzione, essa può essere esperita, in sua vece, dai suoi creditori che, esercitando la azione surrogatoria, si sostituiscono a lui nella azione, così da recuperare i beni dell’eredità nella titolarità del loro debitore, poi tenuto al pagamento dei propri debiti, ex art.2740 c.c., con il proprio patrimonio personale, implementato degli acquisti ereditari.
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione si evince dal combinato disposto degli artt. 524 c.c. che prevede il diritto in capo ai creditori dell’erede di revocare la sua rinuncia (fatta in danno degli stessi e della loro garanzia patrimoniale); 557 c.c. che, nell’indicare i soggetti che possono chiedere la riduzione, stabilisce che la riduzione non può essere domandata che dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa, ricomprendendo però negli aventi causa i creditori del legittimario pretermesso e 2900 c.c. che disciplina, a favore dei creditori, la azione surrogatoria in caso di inerzia del debitore nel far valere propri diritti patrimoniali.
L’azione, in litisconsorzio necessario, deve essere proposta avverso i beneficiari delle disposizioni lesive, come pure contro lo stesso debitore che non ha agito in prima persona.