Cassazione Ord. 9890/2019 – si agevolazione prima casa sul diritto di abitazione ma solo se richiesta in successione
Premesso che, ai sensi dell’art. 540 c.c. “al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni”, egli/ella può, se in possesso dei requisiti di legge, chiedere su detto diritto anche la agevolazione prima casa.
Detto principio fiscale, ribadito più volte dalla Agenzia delle Entrate, anche con Risoluzione 29/2005, è anche confermato dalle istruzioni del Nuovo Modello che prevedono la possibilità per il coniuge superstite, rinunciatario o erede, attraverso codici da 1 a 8 da inserire nel cespite per cui si chiede la agevolazione, di chiedere la agevolazione prima casa sull’immobile sul quale ha il diritto di abitazione.
Elemento essenziale per la applicazione della agevolazione però è la richiesta della agevolazione in dichiarazione di successione, allegando apposita autocertificazione.
Sul punto si è espressa recentemente la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 9890 del 9 aprile 2019 giunta all’esito di un procedimento azionato da un erede di un decuius che aveva lasciato il coniuge con diritto di abitazione sul quale non erano state chieste le agevolazioni prima casa.
L’erede, accortosi del fatto che il coniuge, non inserita tra gli eredi, avrebbe avuto diritto alla agevolazione, chiedeva il rimborso delle ipocatastali versate in misura ordinaria sull’immobile.
Ottenuta ragione in primo grado, soccombeva invece in appello
La Corte di cassazione ha condiviso la tesi sostenuta dall’Agenzia delle entrate, secondo la quale sul diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare si possono chiedere le agevolazioni fiscali, previa espressa richiesta da parte del soggetto interessato (richiesta che deve avvenire in dichiarazione di successione).
Sia l’Agenzia delle Entrate che la Corte di cassazione hanno, altresì, evidenziato che il contribuente avrebbe potuto presentare una dichiarazione di successione integrativa, facendo in detta occasione le dichiarazioni previste ai fini dell’agevolazione “prima casa”, pertanto, poiché tale dichiarazione non era stata presentata, è legittimo negare il rimborso dell’imposta ordinaria evasa.
Di seguito il testo integrale dell’Ordinanza 9890 2019
Titoli di Stato ed equiparati e conseguenze del loro inserimento nel Nuovo Modello
I titoli di stato e i titoli equiparati sono stati oggetto, nel Nuovo Modello, sono stati oggetto di numerosi interventi.
Partiamo dal principio.
In vigenza di vecchio modello 4 una delle domande più sentite dai professionisti che lavoravano nel campo delle successioni riguardava proprio la necessità di inserirli in successione.
Una prima tesi, partendo dal presupposto che essi erano esclusi dall’attivo ereditario, propendeva per il no, chiedendo a Banca o Posta di rilasciare i titoli dietro presentazione della sola dichiarazione sostitutiva di atto notorio; una seconda tesi, invece, più cautelativa, sosteneva l’utilità di inserirli in successione, valorizzati a zero così che non influissero in alcun modo sull’imposizione fiscale, per facilitare le procedure di sblocco da parte degli istituti bancari e di Poste Italiane.
Con l’avvento della prima versione del nuovo Modello il legislatore, pensando di risolvere uno dei dubbi più diffusi, ha inserito nel modello i titoli esenti (tra cui annoveriamo, tra gli altri BOT, CCT, BPT, Buoni Postali e tutti gli altri equiparati) definendoli “Titoli esclusi dall’attivo ereditario ma che devono essere inseriti in successione”. Era dunque previsto che essi venissero inseriti in successione ma con un codice loro dedicato (il codice 3 del quadro EO) e segnati come esenti. Oltre ad essere segnati con valore esente, peraltro, essi, poiché esclusi dall’attivo ereditario, non andavano nemmeno a fare cumulo nell’imponibile dell’imposta successoria, ricapitolato nel quadro EE.
Seppur questa soluzione fosse già la più corretta (i titoli venivano inseriti per completezza di informazioni e per semplificare l’iter di liquidazione con l’istituto di credito di riferimento, ma venivano indicati come esenti ed erano esclusi dall’attivo ereditario) l’Agenzia delle Entrate, con l’ultima versione approvata di modello e istruzioni (in vigore da marzo/maggio 2019) ha completamente cambiato strada.
Attualmente nelle istruzioni viene specificato che l’inserimento dei titoli esenti è facoltativo e ha effetti solo nei rapporti tra le parti e l’ente emittente (Istituti bancari o Poste Italiane) ma, in caso di inserimento, essi sono definiti “titoli compresi nell’attivo ereditario ed esenti da imposta” e vanno a fere cumulo, come tutti gli altri beni e valori, nell’asse ereditario del Quadro EE, pur rimanendo esenti da imposta.
Ora, al momento non è possibile capire fino in fondo le implicazioni di questa scelta (peraltro non radicata in alcuna norma di legge ma arbitrariamente presa dall’Agenzia delle Entrate) anxhe se qualche dubbio è lecito averlo. Dire che un bene è escluso dall’attivo ereditario è diverso da dire che esso è esente da imposta ma fa parte dell’attivo ereditario. Questa modifica dunque potrebbe portare a conseguenze sulla tassazione finale. Al momento non possiamo far altro che aspettare gli sviluppi.
Certo è che, se la Banca o la Posta di riferimento sblocca i titoli senza pretenderne l’inserimento in dichiarazione, si può valutare di non indicarli laddove il loro valore andasse ad alzare la base imponibile oltre le soglie di franchigia previste. In tal caso resterà qualche problema in più (risolvibile comunque con la tracciabilità di questi titoli) in relazione alla dimostrazione della provenienza delle somme agli eredi in casi di accertamento fiscale a carico di questi ultimi.