La Cassazione civile, sez. II, con la ordinanza n. 30451 del 2018 ha recentemente stabilito che il semplice godimento esclusivo del bene ad opera di uno dei comproprietari, laddove esso non comporti acquisizione di frutti, non produce pregiudizio in danno degli altri comproprietari, salvo che essi non dimostrino a loro volta di aver provato a godere del bene e di non averlo potuto fare in quanto impediti dagli altri coeredi.
La Cassazione precisa infatti che “il mero godimento del bene comune in via esclusiva da parte di uno degli aventi diritto non genera in capo agli altri comunisti alcun pregiudizio se non nell’ipotesi che questi abbiano chiesto di parimenti godere del bene e ne siano stai impediti.
Dunque in presenza di mancata richiesta di cogodimento da parte degli altri comunisti,l’utilizzo secondo sua destinazione del bene comune da parte di uno solo dei comproprietari rappresenta mero esercizio del proprio diritto dominicale e non può generare frutti indiretti in capo agli altri titolari inerti poiché la loro quota non goduta indebitamente”
La distinzione fondamentale, per la corte sta nella differenza tra l’utile diretto, che consiste nella resa che ha l’immobile comune mediante il suo utilizzo quale bene economicamente produttivo, dall’utile indiretto, ossia l’utile derivante dall’utilizzo per il godimento in esclusiva, secondo la sua destinazione, da parte di uno dei comunisti del bene.
Solo nel primo caso infatti esistono materialmente i frutti rappresentati dalla somma di denaro incassato dal terzo conduttore dell’immobile comune ed automaticamente il comunista ha diritto a percepire la quota della somma incassata mentre nel secondo non ci sono utili effettivamente prodotti in natura per cui il comunista può chiedere rendiconto e corrispettivo.
Di seguito il testo integrale della ordinanza