Le successioni

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Decreto Coronavirus – sospensione termini di presentazione dichiarazione di successione

È notizia di questi giorni che, tra le sospensioni degli adempimenti tributari dovute all’emergenza Coronavirus, vi è quella che riguarda il termine annuale per la presentazione della dichiarazione di successione da parte d chiamati all’eredità, eredi e legatari.

Ne da conferma, nelle sue FAQ, il Ministero dell’Economia e delle Finanze che, alla domanda:

Il Decreto Cura Italia sospende anche i termini di legge previsti per la presentazione delle dichiarazioni di successione (un anno dalla morte)? 

 risponde: la proroga di questo termine non è espressamente menzionata. Tuttavia essa potrebbe rientrare nella sospensione degli adempimenti tributari in senso lato, tenuto conto che la dichiarazione è presentata all’Agenzia delle Entrate e che essa è in funzione del pagamento dei tributi. Qualora il termine di presentazione della dichiarazione di successione scada nel periodo di sospensione compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 si applica la sospensione prevista dall’articolo 62 del Decreto Cura Italia e tale adempimento dovrà essere effettuato entro il 30 giugno 2020.

 Ulteriori domande a cui risponde il MEF riguardano i termini per il beneficio prima casa e per la redazione dell’inventario; ecco le risposte.

Il Decreto Cura Italia sospende i termini di legge previsti per le eventuali decadenze (ad esempio perdita dei benefici prima casa in caso di mancato riacquisto entro un anno o mancata alienazione entro un anno)?

Questi termini non sono sospesi perché la perdita delle agevolazioni fiscali collegate all’acquisto della prima casa si associa al compimento di atti o vicende di tipo non strettamente tributario (cessione della prima casa prima dello spirare dei 5 anni e riacquisto di altro immobile entro un anno; spostamento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto). È allo studio un intervento legislativo per il prossimo decreto legge, finalizzato a derogare ai termini di decadenza in questione.

Il Decreto Cura Italia sospende i termini di legge previsti per la redazione degli inventari (tre mesi dall’accettazione con beneficio di inventario, ad esempio)?

No, ma il Codice Civile prevede espressamente la possibilità di chiedere la proroga di tale termine.

Su quest’ultima risposta è bene peraltro precisare che attualmente i tribunali sono pressoché chiusi, salvo alcune questioni urgenti.

 

Cassazione civile, VI sezione, 1438/2020 – accettazione tacita dell’eredità

Una recente sentenza della cassazione, la n.1438 del 2020, VI sezione, ritorna sulla questione della accettazione t aita dell’eredità facendo riferimento anche alla voltura catastale come prova di detta accettazione.

Il caso riguarda il ricorso di una banca che agisce per recuperare un debito nei confronti dell’erede del debitore. L’erede dichiara di non aver accettato l’eredità e la banca contesta l’intervenuta accettazione per fatti concludenti basata su due fatti: la presentazione della voltura catastale e l’aver continuato a vivere nella casa del de cuius anche dopo la morte avendone il possesso.

La Cassazione dapprima richiama la giurisprudenza di settore sulla voltura catastale ribadendo che “L’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile” (Cass. n. 22317/2014; n. 10796/2009; n. 5226/2002; n. 7075/1999).”

Successivamente precisa che “l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltrechè della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purchè la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto” (Cass. n. 12753/1999).

E pertanto conclude che “A un attento esame i rilievi della corte in ordine al possesso introducono una circostanza idonea a configurare l’acquisto dell’eredità da parte del B. non in dipendenza di una tacita accettazione, ma ex lege ai sensi dell’art. 485 c.c. (Cass. n. 11018/2008; n. 16507/2006; n. 4845/2003), essendo incontroverso che il possesso si è protratto per oltre tre mesi dalla morte senza che il chiamato abbia fatto l’inventario ed essendo altresì incontroverso che egli avesse consapevolezza sia della devoluzione dell’eredità, sia che il bene posseduto apparteneva all’eredità medesima (cfr. Cass. n. 2911/1998).
Invero l’art. 485 c.c. si riferisce letteralmente proprio al caso che il chiamato sia già nel possesso dei beni ereditari a qualsiasi titolo (Cass. n. 6167/2019), senza che ciò voglia dire che, a questi effetti, sia insignificante il possesso acquisito successivamente. Nel concorso delle condizioni previste dalla norma l’acquisto ex lege opererebbe ugualmente, ma il trimestre accordato per il compimento dell’inventario decorrerebbe non dalla apertura della successione, ma dal momento di inizio del possesso.

Nel caso concreto dunque più che alla sola voltura catastale la Cassazione ricollega la accettazione al possesso dei beni senza che sia intervenuto, nei tre mesi dal decesso del de cuius, alcun inventario.

Sentenza Cassazione Civile n. 1438 del 22012020

Cassazione, ordinanza 2914/2020 – il legittimario completamente pretermesso non assume lo status di erede prima della azione di riduzione

La Corte di Cassazione Civile, Sez. II, Ordinanza, 7 febbraio 2020, n. 2914 ha precisato che se non c’è patrimonio residuo in quanto l’asse ereditario è stato integralmente svuotato in vita dal de cuius, il legittimario, proprio perché pretermesso non assume la qualità di erede fintanto che non eserciterà l’azione di riduzione e ne risulterà vittorioso.

Questa la massima: In caso di assenza di relictum, non è necessaria la qualifica di erede ai fini dell’esercizio dell’azione di riduzione. Invero, qualora il de cuius abbia integralmente esaurito in vita il suo patrimonio mediante atti di donazione, sacrificando totalmente un erede necessario, il legittimario che intenda conseguire la quota di eredità a lui riservata dalla legge non ha altra via che quella di agire per la riduzione delle donazioni lesive dei suoi diritti, giacché, non sorgendo alcuna comunione ereditaria se non vi sia nulla da dividere, solo dopo l’esperimento vittorioso di tale azione egli è legittimato a promuovere od a partecipare alle azioni nei confronti degli altri eredi per ottenere la porzione in natura a lui spettante dell’asse ereditario io (cfr. Cass., sent. n. 19527 del 2005). Il legittimario totalmente pretermesso, proprio perché pretermesso dalla successione, non acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero per il solo fatto della morte del de cuius, né la qualità di erede, né la titolarità dei beni ad altri attribuiti, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, e quindi dopo il riconoscimento dei suoi diritti di legittimario (v. Cass., sent. n. 16635 del 2013).

Non è un aspetto da poco, tenendo conto che, ai sensi dell’art 564 1 comma del codice civile, “il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio d’inventario e che ne è decaduto

Certo non si può chiedere la accettazione beneficiata (necessaria per poter aggredire donazioni e legati fatti a favore di soggetti che non siano anche coeredi) a chi non ha potuto assumere lo status di erede non essendoci patrimonio ereditario relitto.

In tal senso si rinvia anche ad un precedente articolo del Blog, presente a questo link

Con risposta a interpello 80/2020 avente ad oggetto “Decadenza agevolazione “cd prima casa” nel caso in cui i coniugi si separino consensualmente davanti all’ufficiale di stato civile e successivamente cedano a terzi l’immobile per cui hanno fruito delle suddette agevolazioni.” l’Agenzia delle Entrate chiarisce la decadenza dal beneficio in caso di cessione a terzi di un immobile, a seguito di separazione consensuale tra i coniugi davanti all’ufficiale di stato civile.

La questione prende spunto dalla vicenda di una coppia che, separatasi davanti all’Ufficiale di Stato Civile, successivamente cede a terzi l’immobile acquistato come prima casa senza acquistarne uno nuovo.

L’Agenzia delle entrate, facendo propri i chiarimenti forniti dalla Suprema Corte con la citata sentenza n. 7966 del 2019, ha escluso la decadenza dalle agevolazioni ‘prima casa’ nell’ ipotesi di cessione a terzi dell’immobile agevolato, ” ma per la sola casistica di patti di divisione dei beni, con trasferimento a terzi, siglati alla presenza di un giudice “.

Vi è di più. Continua l’Agenzia: “Con la recente risoluzione n. 80 del 9 settembre 2019, l’Agenzia delle entrate, aderendo alla tesi espressa dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 21 marzo 2019, n. 7966, ha ritenuto che in linea con la ratio dell’art. 19 sopra citato la cessione a terzi di un immobile oggetto di agevolazione ‘ prima casa ‘ in virtù di clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale, non comporta la decadenza dal relativo beneficio”

 Vi è dunque una estensione anche ai provvedimenti assunti tramite negoziazione assistita.

Nel caso concreto invece la coppia si è separata davanti all’Ufficiale di Stato Civile e, come sottolinea la Agenzia, la separazione consensuale di cui all’articolo 12 del d. l. n. 132 del 2014, ” non può contenere patti di trasferimento patrimoniale “.

 Conclude dunque l’Agenzia: Ne consegue che eventuali pattuizioni aventi ad oggetto trasferimenti patrimoniali non possono essere considerarti parte integrante della descritta procedura di separazione consensuale. In tal senso, quindi, non può trovare applicazione la disposizione agevolativa di cui all’art. 19, la cui ratio , si ribadisce, è quella di favorire gli atti e le convenzioni ” che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio “. Per completezza si rappresenta nel caso in esame non può richiamarsi la risoluzione n. 80 del 2019 dal momento che la stessa si riferisce alla diversa ipotesi in cui la separazione si realizza nell’ambito dell’istituto della negoziazione assistita di cui all’art. 6 del citato decreto legge.

qui il testo dell’interpello